martedì 1 maggio 2012

LA BAMBOLA (da Marcellino 'un vòle il pane ... vòle il vino)


Alla debole squilla dell’Emmaría[1] la vecchia Concetta rincasava pian pianino al su’ pudére[2].
Era coperta  da un lacero mantello che il gelido vento di tramontana faceva volare.
- Senti che bruggìna[3] stasera! –disse la donna.
Tornava dalla vigna dove era stata ad aiutare il su’ figliolo a selezionare le barbatelle[4] dalle quali sarebbero nate le nuove pianticelle della vite.
Sulla strada, mentre si era fermata a raccogliere un fastello di fascine, vide per terra tra i rovi qualcosa che sembrava una bambola.
- O chésta[5]? – si chiese Concetta – chi ce l’ha butta[6]?
La vecchia la raccolse subito e col palmo della mano, delicatamente, le pulì il visino sporco di terra.
La bambola era di coccio ed aveva un piedino rotto.
Concetta se la ripose in seno e, ripreso il fastello sulle spalle, si incamminò nuovamente verso il pudére.
Arrivata a casa sentì la nipote starnutire, lenta aprì la porta e le disse: - Dio ti benedica la cròsta e la mollica[7]!
La bambina dal letto dove giaceva da tanti giorni, bianca come una véccia[8], la guardò e le sorrise.
-Già di ritorno, nonna? – le chiese la bambina – Il tempo è volato!
- Lina, guarda che ti ho porto[9] per fatti[10] compagnia! – le disse la nonna porgendole la bambola.


[1]Il suono dell’Emmarìa (Ave Maria) era il segnale della notte che arrivava.
[2] Podere.
[3] Freddo intenso.
[4] Ceppi sottili con la barba.
[5] Questa.
[6] Buttata.
[7] Formula di augurio quando un bambino starnutisce.
[8] Pallidissima.
[9] Portato.
[10] Farti.

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